Cattedrale di Terni, 22 Aprile 2010
Giovedì della III Settimana di Pasqua
Letture: At 8,26-40 e Gv 6,44-55

Non ci dobbiamo meravigliare che le parole di Gesù suonino straordinarie, sbalorditive per i suoi ascoltatori. Esse contengono infatti la rivelazione di un grande mistero, che è l'unica risposta esauriente al nostro desiderio di essere vivi.

Gesù sa che cosa c'è nel cuore dell'uomo e conosce le sue paure: la più grande di esse è proprio la morte. Per questo inizia il discorso là dove i discorsi umani sono costretti a finire. Dice infatti: «Chi viene a me, io lo risusciterò nell'ultimo giorno».

Splendida promessa, fatta apposta per risvegliare il cuore dell'uomo, perché la resurrezione, ossia la vittoria definitiva sulla morte, è il desiderio radicale che egli porta nell'intimo e che non riesce mai a soddisfare pienamente. Ecco perché Gesù insiste sul tema: «Se uno mangia del pane che io gli do vivrà in eterno. Questo pane è disceso dal cielo, perché chi ne mangia non muoia».

In questo modo il Signore rivelò che l'uomo ha un solo destino: immergersi nel Dio che lo ha creato, raggiungendo così direttamente il segreto della vita. Tutto ci sospinge a Dio; i molteplici tentativi di definire e soddisfare le nostre esigenze cadono nel vuoto; solo la comunione con Dio ci fa vivere veramente. Ecco perché il discorso di Gesù è così attuale, in un'epoca tanto segnata dalla morte, dalla tristezza di morire, dal morire male, nell'odio, nella violenza, nell'ingiustizia. Più che mai la voce di Cristo è oggi voce di salvezza.

Non è forse questo il messaggio fondamentale che il Vescovo Franco ci lascia e che noi vogliamo ancora una volta ascoltare, con atteggiamento pensoso e riconoscente ?: la sua "passione", il suo anelito verso l'Eucarestia, "culmine e fonte" della vita cristiana, che noi giovani alunni del Collegio Capranica a Roma abbiamo visto ed ammirato ogni sabato sera nella presidenza della celebrazione festiva, e voi, cari fratelli e sorelle di questa Chiesa diocesana, avete esperimentato lungo gli anni del suo episcopato.

Il ministero del Vescovo è sempre una testimonianza. Testimonianza che viene da lontano e che si incarna nel tempo: è la testimonianza della fede degli apostoli, immutabile e sicura, che si cala nella realtà dell'oggi per illuminarlo e dirigerlo. E noi siamo qui questa sera per raccoglierla questa testimonianza del Vescovo Franco, per custodire il suo messaggio, per non disperdere lungo la via la speranza e la forza che egli ci ha trasmesso, per non rallentare il ritmo vigoroso che egli ha impresso, con ammirevole costanza, al nostro passo di pellegrini.

Tocca a noi serbarne la memoria e seguirne l'esempio: nella fede indomita, nella instancabile operosità, nell'amore discreto, silenzioso e fedele, che ha segnato come una costante tutta la sua lunga vita. Ed egli continuerà ad essere, per molti di noi, pastore e padre; e per questa Chiesa di Terni-Narni-Amelia segno non effimero né illusorio della presenza misteriosa del suo Signore. Allora:

Dio ti ricompensi, Vescovo Franco, per i tuoi sogni e per l'impegno profuso nella loro realizzazione: quante volte ci hai descritto la tua visione di una Chiesa tutta ministeriale, nella quale laici, preti e religiosi, giovani e adulti, discepoli del Signore, si facciano carico dell'annuncio sempre nuovo che può dare la vita al mondo. Mi hai scritto qualche anno fa: «Se mi guardo d'attorno non c'è da essere entusiasti. È vero che un vescovo dopo qualsiasi Concilio ha il compito di parare gli effetti della crisi e poi avviare alla riforma. È la parte più dura: bisogna imprimere un nuovo ritmo pastorale, far avanzare una Chiesa che non sia mancante di qualche componente (i laici, per esempio), altrimenti la ritrovi zoppa o "gambizzata". Con la deformazione mentale dell'efficacia si rischia di soffrire, perché grandi risultati non ci sono. Mi sono convinto che il mio compito è seminare in maniera pazza o ottimista (come dice Mazzolari), che è poi il metodo evangelico».

Dio ti ricompensi, Vescovo Franco, per la tua solitudine, la tua sofferenza e il tuo silenzio: quante cose un pastore non può scrivere, quante deve lasciare intuire, quante ne deve tacere... Chi ti è stato vicino con cuore amico sa i pesi e l'amarezza che hai portato dentro, contribuendo nelle lacrime a generare la Chiesa che ti era stata data come sposa: chi potrà dire le ansie, le delusioni, i tentativi di bene, gli scoraggiamenti, gli entusiasmi di tanti anni di ministero ? Chi potrà misurare tutta la responsabilità se non il buon Dio ?

Dio ti ricompensi, Vescovo Franco, per il cammino percorso con noi e per la vita donata per noi: come l'agricoltore, hai seminato a piene mani il Vangelo, «con pazienza con chi sbaglia, con tolleranza per chi non condivide, con la fiducia e l'ottimismo di chi butta il seme nella certezza che per la verità c'è sempre un domani». Con te, ne siamo certi, abbiamo potuto portare avanti per un piccolo tratto, non inerte, non inglorioso, non infecondo, l'annuncio e l'edificazione del Regno di Dio.
Ed ora che sei con il Signore Gesù, per sempre, e godi nella misericordia la ricompensa del servo fedele, continua a volerci bene, caro Vescovo Franco, e accompagna con la tua intercessione il nostro cammino.

Amen.
Renato Boccardo

Cattedrale di Terni
22 aprile 2010