di Maria Rosaria Bottegal

Credo che sarà laborioso il lavoro di chi scriverà la storia dei quasi diciassette anni di episcopato di Franco Gualdrini, se non vorrà trascurare nessuna delle iniziative promosse dal Vescovo, tutte volte a realizzare una Chiesa, - questa nostra diocesana - a servizio del mondo senza competizione con esso. Dovrà, lo storico, comprendere e far tesoro, ad esempio, del valore delle due visite pastorali con cui il Vescovo ha voluto conoscere da vicino tutte le sue parrocchie; il valore della coraggiosa autorizzazione per procedere ad una scientifica e capillare indagine sulla conoscenza del Concilio nella nostra Diocesi. Dovrà lo storico e noi tutti, ricostruire e far tesoro del progetto pastorale alla base della istituzione di Uffici, Centri di Pastorale, Commissioni che coprono tutti gli aspetti della condizione dell'uomo. Non potranno essere dimenticati gli argomenti, anche di ampio respiro civile, oggetto delle lettere del Vescovo e dei suoi documenti ufficiali. Si dovrà ricordare il valore della riapertura del Seminario e i frutti dell'attenzione del vescovo Gualdrini alla vocazione laicale (diaconato permanente) e a quella delle donne consacrate: l'istituzione della Fraternità di S.Maria del Popolo, eletta patrona della Diocesi, quale simbolo di una costituita unità. Dovrà essere data la giusta collocazione nel cammino di Comunione Diocesana alla costante attenzione che il Vescovo ha riservato alle aggregazioni della Diocesi, al suo desiderio di essere informato della loro vita e alla sua capacità di incoraggiare e di dare sapienti indicazioni; alla sua attenzione alla Questione Femminile e alla fiducia accordata al "genio femminile" che trova concreta dimostrazione affidando alle donne della Diocesi incarichi di responsabilità. Nell'episcopato di Monsignor Gualdrini ha avuto un grande rilievo non solo il dialogo con tutte le articolazioni della società civile, ma anche una grande tensione a costruire un tessuto di relazioni essenziali con il mondo della cultura; si è cercato di realizzare un progetto integrato di cultura e fede attraverso iniziative particolarmente opportune per la nostra realtà locale, come l'istituzione dell'ISTES, la pubblicazione della rivista culturale Passaggi, del periodico diocesano Adesso e di quello informativo Notes, la creazione del Festival Inedito per Maria e l'accoglienza nella chiese diocesane dei cantati Gospel. Per lo storico futuro la Missione di Ntambwe e le attività della Caritas sostenute dal Vescovo in Albania, Croazia e Bosnia dovranno costituire un capitolo particolare per le implicazioni sociali e culturali proprie di un'autentica missionarietà al passo con le esigenze dei tempi. Al di là di tutto questo, e di moltissimo altro ancora, dobbiamo ringraziare il Vescovo Gualdrini per l'amore che ha mostrato verso la nostra Diocesi e verso il suo ruolo episcopale a Terni. Un amore e una dedizione che abbiamo tutti sentito intensi e appassionati. Un amore che non è sfuggito al nuovo vescovo, che lo ha espressamente citato nel suo manifesto di saluto. Una dedizione tanto più meritoria per una Diocesi tutt'altro che facile per ragioni sociologiche, storico-religiose e anche storico-geografiche. Anche i più critici, nella comunità diocesana, hanno apprezzato come qualità peculiari di Franco Gualdrini la sua apertura al futuro e al progresso, la sua curiosità culturale, la sua avversione per i luoghi comuni e per l'esaltazione acritica del passato, il suo insistere a vedere gli aspetti positivi dell'oggi, il suo insistere a considerare il tempo presente senza pregiudizio. Con questo il vescovo Gualdrini ha rivelato di possedere oltre agli strumenti culturali adeguati ad un'analisi autonoma e originale del presente, la virtù più difficile di un cristiano dei nostri tempi: la Speranza, che non va assimilato ad un generico, anche se comunque apprezzabile ottimismo, perché la Speranza, così è quella del Vescovo, è la virtù che affonda le radici nella Fede, nella sua grande fede alimentata da una intensa e incessante ricerca interiore.

(da Adesso n. 15 - marzo 2000)

di Arnaldo Casali

Lotario dei Conti di Segni, eletto papa nel 1198 con il nome di Innocenzo III, fu il primo papa che - scelto tra le fila di una nobile casata romana - continuò anche da capo della Chiesa a fregiarsi dello stemma di famiglia, quello, appunto, dei Conti di Segni, lo stesso semma che assumerà - appartenendo alla stessa stirpe - Gregorio IX nel 1227. Come tutte le tradizioni quella dello stemma araldico fu cristallizzata e mantenuta da allora da tutti i papi, i cardinali e i vescovi, anche da quelli che non provenivano da famiglie nobili. La stessa dignità episcopale fu - al contrario - sentita essa stessa come una forma di nobiltà, e come tutti i nobili i vescovi cominciarono a scegliere il loro stemma personale al momento della concessione, che coincideva - nel loro caso - all'ascesa alla cattedra episcopale. Esattamente come quella laica l'araldica ecclesiastica ha delle regole ben precise: se gli stemmi dei nobili sono "imbrati" (cioè sovrastati) da un elmo o una corona con decorazioni variabili a seconda del grado nobiliare, quelli di vescovi e cardinali hanno il cappello caratteristico con un numero di nappe variabile a seconda che si tratti di vescovo, arcivescovo, metropolita, o cardinale, mentre quello del Papa presenta la tiara con le chiavi di Pietro. Le figure rappresentate all'interno dello "scudo" possono essere simboli religiosi, come nel caso dello stemma di Giovanni Paolo II, (una croce e la "M" di Maria), ma possono anche rappresentare (esattamente come per i nobili) lo stesso cognome o l'ordine o comunità religiosa a cui si appartiene. Lo stemma di Santo Quadri, ad esempio, contiene al suo interno dei quadrati; quello di Vincenzo Paglia riprende quello della Comunità di Sant'Egidio. Infine, allo stesso modo in cui i nobili inglobavano nei loro scudi le concessioni imperiali o gli stemmi delle famiglie con cui si univano, i vescovi assumono spesso dei segni che ricordano la città di cui sono - o sono stati - pastori. Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I, entrambi patriarchi di Venezia, avevano nello stemma il leone di S.Marco, mentre Santo Quadri aveva inserito la ruota dentata delle acciaierie, quello di Paglia ha un fiume (il Nera ? o il Tevere ?). Franco Gualdrini, con un atto - sembra - senza precedenti, ha rinunciato allo stemma episcopale preferendo invece fornire la Diocesi di Terni-Narni-Amelia di un proprio stemma, che rappresenta i tre patroni San Valentino, San Giovenale e Santa Firmina insieme alla Madonna del Popolo, segno di unione delle tre Chiese. Quello di Monsignor Franco Gualdrini è un gesto da non sottovalutare, perché ha rappresentato un atto di grande umiltà e "democrazia", stando a significare che è il Vescovo ad appartenere alla Diocesi, e non il contrario. Così, per la prima volta nella storia della Chiesa degli ultimi mille anni non è stata la Chiesa locale ad identificarsi nello stemma del vescovo, ma è stato il Vescovo ad identificarsi nello stemma della sua Diocesi.

(da Adesso n. 15 - marzo 2000)

di Emanuele Lombardini

Monsignor Gualdrini lascia la guida della diocesi e dopo 16 anni di ministero episcopale: sulla sua scia al vita della comunità diocesana ha proceduto con passo spedito, arricchendosi lungo il cammino di storie ed esperienze in qualche cosa uniche, comunque sempre significative di come la sua linea pastorale sia stata orientata nel senso di una "Chiesa in cammino", di una chiesa che ha sempre cercato la vitalità e l'originalità dei suoi movimenti come veicolo di Fede. Oggi che monsignor Gualdrini ha passato la mano, i tanti "pezzi" della sua diocesi gli rendono testimonianza.

Maria Rosaria Petrongari, segretaria del consiglio pastorale diocesano apre la rassegna: "Credo che di monsignor Gualdrini si debba sottolineare l'amore quasi viscerale per la sua diocesi: lui ha sempre voluto essere il pastore di tutti ed essere presente sempre, senza compiere nessun tipo di scelta. Poi vorrei indicare la pazienza, la sua pazienza, con la quale è riuscito a dirimere le tensioni, anche le più dure; e poi l'apertura al futuro, la curiosità culturale, l'ottimismo".

Don Giovanni Zanellato, direttore del Centro Missionario Diocesano: "La sua pastorale è stata di una ricchezza straordinaria: noi avevamo paura che non essendo mai stato parroco non sapesse immedesimarsi nei bisogni della popolazione, invece ci ha smentito. Inoltre, mettendo in piedi il gemellaggio con la parrocchia di Ntambwe, ha fatto crescere ed alimentare lo spirito missionario della diocesi".

Don Salvatore Ferdinandi, direttore della Caritas diocesana: "Ringrazio veramente monsignor Gualdrini perché ha sempre sostenuto i nostri progetti, compresi quelli più difficili, dove bisognava costruire da zero, come i centri di Prima Accoglienza ed il Centro di Ascolto Cittadino.

I rappresentanti del Centro Italiano Femminile di Terni puntano invece sulla figura della donna: "Monsignor Gualdrini l'ha spesso valorizzato, in tutti gli aspetti, ma soprattutto in quelli fondamentali come la maternità, la società civile e la donna consacrata. Come CIF non scorderemo il suo incoraggiamento "Sorelle, coraggio" che ci ha dato la forza di proseguire nel nostro lavoro anche nei momenti più difficili".

Giovanni Bottegal, vice presidente diocesano dell'Azione Cattolica:"L'Azione Cattolica si immerge pienamente nella vita della Chiesa, ed il Vescovo ne è il referente diocesano. Nel corso di questi anni è cresciuto il senso di appartenenza all'Azione Cattolica perché aveva un padre, una guida riconosciuta e dichiarata. Noi abbiamo chiesto molto al Monsignor Gualdrini: lui ha sempre saputo rispondere".

(da Adesso n. 15 - marzo 2000)

Suor Grazia Tomassini

"Ricordatevi delle vostre guide...considerando attentamente l'esito del loro tenore di vita, imitatene la fede" (Eb 13,7)
Questa parola mi pare sintetizzi molto bene il motivo principale del mio ricordo grato al Vescovo Franco: la sua scelta di vivere dell'essenziale, pur nella cura di ogni cosa; il suo impegno quotidiano di dare il primo tempo alla preghiera profonda, alla quale invitava la nostra piccola comunità (celebrazione eucaristica, liturgia delle ore); la sua attenzione premurosa per chiunque gli si presentasse, la sua generosità per chi vedeva nel bisogno; il suo entusiasmo nell'esercizio del suo ministero pastorale, sia nella Basilica di S.Maria Maggiore, che nella Chiesa di Terni, dove viveva l'affetto e la devozione per il suo successore e invitava altri a farlo. Nel lontano 1987, avendo chiesto all'Istituto Maestre Pie Venerini la mia presenza in Diocesi, così mi scriveva: "Nel nome di Cristo e della Chiesa le affido la missione della catechesi da animare, da indirizzare secondo gli orientamenti CEI...il catechismo dei bambini e dei ragazzi rimane fondamentale e sarà centrale la cura dei catechisti, la loro formazione e la diffusione di questo servizio nella Chiesa...Il suo servizio sia, più che mai, ecclesiale, in comunione col Vescovo, coi presbiteri, coi fedeli di ogni condizione. Il Signore benedica il suo impegno sì che porti frutto e le doni consolazione, la quale nel mistero di Gesù non può non nascere dalla croce..."
Vivo perciò sentimenti di profonda gratitudine per il Vescovo Franco, per la fiducia accordatami, ma anche per l'esempio di vita donato a me e alle mie consorelle.
Insieme abbiamo potuto accompagnare i suoi ultimi giorni ammirando la sua tenacia nella sofferenza, la sua serena attesa della morte, sicuro di sentire vicino a sé Maria Santissima, a cui era teneramente devoto e che ha voluto invocare cantando il Magnificat poco prima di emettere il suo ultimo respiro.
Grazie, Monsignor Franco, della sua vita e della sua morte esemplare; grazie a nome delle consorelle che sono state vicine a lei e di tutta la famiglia delle MaestrePie Venerini; grazie perché volando in cielo sarà sicuramente accanto a S.Rosa Venerini, che aveva scelto tra le sue protettrici.
(da "Lo ricordiamo così...dono dei coniugi Manuela Canali e Marco Luzzi")

di Ciro Miele

"Quando arrivai a Terni una delle cose che mi fece trovare subito in sintonia con monsignor Gualdrini fu il sogno di fondare un giornale. In verità il suo era un sogno che aveva riposto ormai nel cassetto, seppure la sua caparbietà in altre occasioni aveva avuto ragione sui calcolatori esasperati. Questo del giornale, invece, dopo tanti tentativi (conservo ancora la cartella che il vescovo mi consegnò con tutti gli appunti, gli schizzi, alcune idee grafiche, frutto di innumerevoli riunioni) sembrava aver dato ragione a coloro che ritenevano uno spreco di soldi ed energie (sic!) dare alla diocesi e a questo territorio una voce equilibrata e una corretta informazione. E fu così che egli condivise questa mia utopia di mettere sù senza nessun mezzo economico, un giornale di ispirazione cristiana e assicurandomi però tutto il sostegno morale per un iniziativa certamente più grande di me.
Nacque dunque "NEMEDIA Nuova Editoriale Media" la cooperativa che avrebbe poi editato Adesso, che tra un paio di mesi compirà il suo primo compleanno. Non dimentico i continui incoraggiamenti ad andare avanti nonostante l'ostracismo di alcuni e l'indifferenza di altri; gli aiuti economici a titolo personale senza pesare affatto sulla diocesi; non dimentico i suggerimenti che ogni tanto mi arrivano appuntati su fogli di carta che mirano a fare di Adesso il giornale per i tempi moderni. Quello di avere un giornale é un fatto di non poco conto vista la chance che i mezzi di comunicazione di massa hanno per l'annuncio del vangelo. E questo monsignor Gualdrini lo ha capito.

(da Adesso n. 15 - marzo 2000)